Abbiamo visto L’amore che resta diretto da Gus Van Sant.
Gus Van Sant è un vero outsider dello star system hollywoodiano: inserito e marginale cinematograficamente allo stesso tempo; ultracinquantenne, oltre che regista importante ma discontinuo è anche sceneggiatore, montatore fotografo, musicista, pittore e scrittore. Tra i suoi film migliori ricordiamo il famoso – e forse il suo più importante – Belli e Dannati (1991), Da morire (1995), Scoprendo Forrester (2000), Elephant (2003; film notevole come analisi psicologica sulla violenza negli Usa) e come ultimo Milk (2008). Ha ottenuto un paio di nomination all’Oscar, ha vinto una Palma d’oro e un premio per la miglior regia a Cannes.
Adesso arriva in Italia in sordina un suo ‘piccolo’ film di controtendenza che analizza ancora una volta la sofferenza profonda di giovani sensibili, annichiliti dal dolore ma sempre consapevoli del loro bisogno d’affetto e d’amore di cui sono stati privati o interrotti. Come negli altri film anche in questo i personaggi sono dei giovanissimi alla fine dell’adolescenza che attraversano il passaggio all’età adulta con sofferenza e disagio, in questo caso però la morte – idea costante nella cinematografia di Van Sant – è messa al centro della storia, è vissuta, sfiorata, subita e stabilita: ma senza alcuna grevità, crepuscolarismo; anzi c’è un climax new romantic e la storia è leggera, tenera, di grande pudore.
C’è un ragazzo Enoch Brae, avrà vent’anni, vive con la zia, ha un amico immaginario, Hiroshi (un giovane giapponese vestito da soldato e morto come kamikaze durante la Seconda Guerra Mondiale), vive isolato dal mondo da quando è uscito dal coma dopo un incidente d’auto in cui sono morti i genitori; unico hobby è andare alle veglie funebri in chiesa o al cimitero. Passione che ha anche una tenera e dolce ragazza Annabel Cotton, malata terminale di cancro al cervello, ma apparentemente senza alcun malessere. I due si notano a un funerale, si rincontrano a un altro, dove lei viene in aiuto di lui perché qualcuno vorrebbe cacciarlo. Lei è innamorata della vita, è solare nonostante tutto, ha un’ammirazione per Charles Darwin, per la natura e per tutti gli esseri umani e riesce a conquistare Enoch. Quando lui sa che ad Annabel restano tre mesi da vivere, si offre di aiutarla ad affrontare gli ultimi giorni con amore, dolcezza, sfidando la morte stessa. Enoch riesce a rompere il suo isolamento e rendendo indimenticabili quelle poche settimane la vita di Annabel azzera i suoi brutti ricordi e si riempie di nuovi ricordi amorosi e teneri che lo aiuteranno ad essere un giovane uomo forse più equilibrato. E la loro storia anche d’amore è così tenera, intensa e leggera che ci fa dimenticare spesso il contesto in cui è nata.