Abbiamo visto Le ricette della signora Toku
Un film di Naomi Kawase. Con Kirin Kiki, Masatoshi Nagase, Kyara Uchida, Miyoko Asada, Etsuko Ichihara Titolo originale An. Drammatico, durata 113 min. – Giappone 2015. – uscita giovedì 10 dicembre 2015.
Una delle tante differenze tra noi e i giapponesi è che per noi oramai non esistono gli altri, loro non esistono che per gli altri. Individualismo contro condizionamento. Questo ribaltamento ci pone davanti a due modi differenti di vedere e vivere. E’ così per i film, vederne uno è come entrare in un altro mondo che per alcuni può apparire angosciante e vuoto e per altri delicato e necessario. Partiamo dal titolo originario An, è una pasta di fagioli rossi che serve come imbottitura a dei dolci tradizionali, i dorayakis; ancora una volta ( per dei film asiatici ) si racconta il cibo che in realtà è una metafora della vita. La regista quarantenne Naomi Kawase ( anche sceneggiatrice, montatrice, direttrice della fotografia e produttrice ) è quasi un icona del Cinema giapponese, un po’ come lo è Banana Yoshimoto per la letteratura del suo Paese; dopo molti documentari di carattere autobiografico negli Anni Novanta, gira il suo primo film Mo noe Suzaku, seguito da Hotaru ( del 2000 ). Ma è solo nel 2003 che viene conosciuta in Europa con il film Shara con cui partecipa in concorso al Festival di Cannes. Con il raffinato e privo di drammaticità Mogari no mori ( letteralmente: la foresta del lutto ) vince il Gran Prix speciale della Giuria a Cannes nel 2007. Dopo realizza altri due film Hanezu ( del 2011 ) e Still the Watere ( del 2014 ). Naomi Kawase continua a essere poco conosciuta dal pubblico italiano ( nonostante l’Infinity Film Festival di Alba le abbia dedicato una retrospettiva completa ), forse perché il suo cinema è fatto di dettagli, piccoli gesti, quasi come se volesse accarezzare i sentimenti e le storie piuttosto che raccontarle, forse perché la cifra stilistica non è mai appariscente, retorica, roboante ed evita il contrasto ( insito nel giapponese medio ); i suoi personaggi più che simpatici sono empatici, più che richiedere una solidarietà e un’identificazione chiedono solo rispetto senza mai pretenderlo ed il loro destino non ha mai un ipocrita happy and all’Occidentale. Anche in questo film i tre protagonisti non potrebbero essere più differenti tra loro, un ex carcerato solitario che non manifesta verbalmente la sua inquietudine del vivere, un’anziana donna che ha vissuto sulla pelle da sempre la fine della Seconda Guerra Mondiale e risiede in una specie d’ospedale, una ragazzina che riversa il suo amore nei confronti di un canarino che più giallo non può essere, il collante dei loro incontri è un chiosco-pasticceria in cui si cucinano i dorayakis. Tra la preparazione dei fagioli rossi che quasi parlano all’anziana Toku, il cucinare la pasta per i dolcetti fatta dal trentenne Sentaro e la comparsa della giovane Wakana che viene a mangiarli anche quando quasi più nessuno li vuole si sviluppa una storia di sentimenti e gesti delicati tra i tre esseri solitari e silenti anche se il cambiamento di gestione del locale, l’ammalarsi di Toku li porterà a dividersi senza tuttavia dimenticarsi.
Tratto dal romanzo An di Durian Sukegawa, Naomi Kawase ci racconta in modo controllatissimo una piccola storia marginale ma dal profondo impatto sentimentale in cui l’attenzione della cottura dei fagioli rossi sembra quasi un assunto morale sul gusto di un passato, fatto di attenzione, cura e rispetto per le cose a differenza della modernità che rende tutto piatto e uguale. L’importanza della tradizione, dell’esperienza, dell’amore per la vita nonostante il dolore che può procurare contro un tipo di vita ( rappresentato dalla superficiale proprietaria e da suo nipote ) fatto di genericità e superficialità che tuttavia prenderà il sopravvento.