Abbiamo visto “ L’insulto “ regia di Ziad Doueiri.
Con Adel Karam, Rita Hayek, Kamel El Basha, Christine Choueiri. Genere, Drammatico. Produzione, Libano, 2017. Durata 113 minuti. Da mercoledì 6 dicembre 2017. Distribuito da Lucky Red.
Un banale incidente capitato al regista libanese Doueiri, con scambio di insulti e parolacce, è lo spunto da cui è partito per realizzare questo dramma giudiziario collettivo, e per poter raccontare le vite spezzate di un libanese cristiano maronita e un palestinese profugo. La scelta registica è da commedia, il tono a volte ironico e sarcastico, ma lo sfondo è di quelli drammatici, come la storia del Libano e del suo recente passato. Perché sullo sfondo c’è il dramma della cittadina di Damur in cui furono uccisi 582 civili cristiano-maroniti da parte dei palestinesi, dopo che l’esercito cristiano aveva provocato nel campo profughi libanese di Tell al-Za’tar – una bidonville alla periferia est di Beirut – la morte di migliaia di palestinesi. Difficile raccontare le contraddizioni prodotte da quel passato, non del tutto semplice accettare questo tono leggero che potrebbe essere valido per una contesa tra due extracomunitari di Piazza Vittorio, anche se il regista affronta il presente con lucidità e attenzione. Forse l’unica cosa, che allo stesso tempo, torna utile alla narrazione e alla fruizione del film ma anche la rende meno vera è come il dolore e la rigidità dei due protagonisti sviluppano e portano a conclusione il loro scontro. Anche se secondario, anche la scelta dello scontro tra avvocati, padre-figlia risulta un po’ piacione e scanzonato, come la scelta dell’avvocato anziano, buffo e cinico, che lotta più per vincere con dei trucchi retorici, con dei testa-coda morali in fondo rischiosi, che per un reale interesse di giustizia.
Una struttura narrativa dai vari generi che si rovesciano costantemente e scivolano via nonostante il sovraccarico storico ed emotivo, mantenendo alto il ritmo del racconto ma senza lasciare reali tracce nello spettatore; ma che nel complesso risultano funzionali soprattutto grazie alle ottime interpretazioni dei due attori protagonisti e alla buona sceneggiatura.
Ci troviamo nella periferia di Beirut, oggi. Yasser ( un malinconico e coerente Kamel El Basha, vincitore della Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile all’ultimo Festival di Venezia ) è un profugo palestinese e un ottimo e scrupoloso capocantiere che sta ristrutturando un intero quartiere della città assieme ad altri operai palestinesi. C’è poi Toni ( un convincente Adel Karam ), titolare di un’autofficina, militante della falange cristiana e fanatico ascoltatore dei discorsi di Bashir Gemayel, sposato con una bella ragazza ( Rita Hayek ) da cui aspetta un figlio. I due uomini s’incontrano e subito si scontrano per un tubo rotto, un breve litigio, un insulto detto da Toni per reazione e iniziano una serie di reazioni che coinvolgono anche le loro vite private, con conseguenze drammatiche sia personali che collettive, e il tutto si trascina in un dramma con un processo, con lo scontro tra fazioni palestinesi e cristiano maronite, fino a coinvolgere persino il governo e il presidente del Libano…
Douieri ha scritto una buona sceneggiatura con l’ex compagna Joelle Touma e con la consulenza legale di sua madre, noto avvocato libanese. Ha diretto il film con bravura e leggerezza scegliendo due attori perfetti nei loro ruoli, ma il film ha anche il limite di essere un po’ leggero, quasi didattico, nell’affrontare argomenti drammatici e dal peso simbolico assai attuale.