Abbiamo visto “ L’urlo “ diretto da Rob Epstein, Jeffrey Friedman.
Finalmente un buon film, ottima sceneggiatura, originale regia, montaggio creativo, splendida fotografia, ottime la scenografie e i costumi, perfetto il cast. Film che si basa in fin dei conti sulla poesia di Allen Ginsberg “”Howl ” ( Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte da pazzia, morir di fame isteriche nude strascicarsi per strade negre all’alba in cerca di una pera di furia… ”. Poesia manifesto ( come “ On the road “ in narrativa ) di una generazione, metropolitana, colta, cool, anticipatrice degli Anni Sessanta; che molti ritengono il movente fondativo della Beat Generation, gruppo esistenzial-creativo che ha preso il posto della Lost Generation di Hemingway e Scott Fitzgerald. Avevano tuttavia poco in comune – come dice giustamente nel film Ginsberg – tranne l’idea del viaggio, le droghe e la vita beatnik. Infatti cosa hanno in comune, tranne la conoscenza o l’amicizia autori come Ginsberg, Kerouac, Corso, Ferlinghetti o Borrounghs ? Strana la nascita della parola ‘beatnik’, inventata dal giornalista Herb Caen in un suo articolo del 1958 sul San Francisco Chronicle come termine denigratorio per i membri della Beat Generation come gioco di parole con il satellite sovietico Sputnik per rilevare la distanza dei beat dalla società corrente e per il fatto che erano in odore di simpatie comuniste in un’epoca in cui c’era ancora la Commissione McCarthy con la sua caccia alle streghe che perseguitava gente come John Huston, Humphrey Bogart, Charlie Chaplin, Bertold Brecht, che mandava a morte per spionaggio i coniugi Rosemberg e che vedeva comparire sulla scena politica un personaggio come Richard Nixon.
Il film gira intorno alla poesia Howl ed è diviso in tre blocchi sapientemente scritti, montati e intrecciati: l’intervista che dà Ginsberg a un giornalista fuori campo in cui parla della sua giovinezza e la sua evoluzione come poeta fino a giungere al concretizzare della sua poesia più famosa come valore di testimonianza di una generazione; nel secondo blocco si vede Ginsberg recitare alla Six Gallery di San Francisco la sua poesia per la prima volta e la recita è intervallata da disegni colorati come se si fosse in una partitura jazz; il terzo blocco è il processo per oscenità che subisce il suo editore Lawrence Ferlinghetti con l’analisi del testo da parte di avvocati e professori universitari.
I due documentaristi Epstein e Friedman ( già autori di due documentari “ The Celluloid Closet “ e “ Paragraph 175 “ ) utilizzano con “ Urlo “ gli strumenti del documentario per una fiction elegante, accurata e colta, costruiscono su frammenti discontinui e paralleli come fosse un brano jazz un’opera originale e impervia anche se non sempre tesa.
Il film è stato presentato in concorso al Sundance Film Festival e alla 60a edizione del Festival di Berlino, dove era in lizza per l’Orso d’oro.