Tra i suoi successi “Ma papà ti manda sola?” e “Paper Moon – Luna di carta”
Il regista e sceneggiatore statunitense Peter Bogdanovich, nominato all’Oscar per “L’ultimo spettacolo”, la cui carriera comprende successi come “Ma papà ti manda sola?” e “Paper Moon – Luna di carta”, è morto oggi all’età di 82 anni per cause naturali nella sua casa di Los Angeles. L’annuncio della scomparsa è stato dato dalla figlia Antonia Bogdanovich a “The Hollywood Reporter”.
Arrivato alla regia dopo un’intensa attività di critico, già nel film che lo rese noto, “The last picture show” (L’ultimo spettacolo, 1971), Bogdanovich riproponeva moduli di un cinema d’epoca, in cui la nostalgia del passato (e quindi del perduto) veniva filtrata attraverso la sua conoscenza della storia di Hollywood. Il dramma in bianco e nero ambientato in una cittadina del Texas ottenne otto nomination agli Oscar – tra cui quelle per la regia e la sceneggiatura (condivisa con Larry McMurtry) per lui – e le statuette per i migliori attori non protagonisti per Cloris Leachman e Ben Johnson.
Questo amore un po’ nostalgico lo ha spinto in seguito a rifare generi classici del cinema americano: la commedia “Ma papà ti manda sola?” (1972) con Ryan O’Neal e Barbra Streisand; il cinema muto hollywoodiano di “Vecchia America” (1976) con O’Neal, Burt Reynolds e Tatum O’Neal. Il regista ha poi cercato di dare al ritratto di due personaggi un’allusività sociale come in “Paper moon – La luna di carta” (1973), con la fotografia in bianco e nero di László Kovács e come protagonisti Ryan e Tatum O’Neal, padre e figlia nella vita. La giovanissima attrice vinse l’Oscar alla migliore attrice non protagonista.
Dopo aver ripreso un celebre romanzo di Henry James con “Daisy Miller” (1974), mantenendosi in un difficile equilibrio tra colta originalità e cinema di consumo, Peter Bogdanovich ha poi diretto “Finalmente arrivò l’amore” (1975), “Saint Jack” (1979), “…e tutti risero” (1981), “Dietro la maschera” (1985), “Illegalmente tuo” (1988), “Texasville” (1990), “Rumori fuori scena” (1992), “Quella cosa chiamata amore” (1993) “Hollywood Confidential” (2001) e “Tutto può accadere a Broadway” (2014).
Nato a Kingston (New York) il 30 luglio 1939, da padre serbo e da madre austriaca di famiglia ebrea, Bogdanovich ha cominciato a studiare recitazione sotto la guida di Stella Adler dell’Actor Studio, per ottenere di lì a poco un incarico come programmatore dei film in proiezione al MoMa di New York. Successivamente è diventato regista, facendo fatto parte di quella scuola definita “New Hollywood” insieme a William Friedkin, Brian De Palma, George Lucas, Martin Scorsese, Michael Cimino e Francis Ford Coppola.
Grande estimatore della tradizione hollywoodiana degli anni Trenta e Quaranta, con la quale ha stabilito un vero e proprio dialogo in qualità di critico, i film di Bogdanovich sono caratterizzati da uno stile sobrio e il ricorso alla citazione si rivela originale mezzo espressivo per una riflessione sul recente passato degli Stati Uniti che privilegia la dimensione dell’immaginario cinematografico. Nel 1979 ha ricevuto il premio Pasinetti alla Mostra del cinema di Venezia con “Saint Jack”.
Ha scritto diversi libri sul cinema, spesso tratti da interviste con registi. Celebre è il suo “Il cinema di Orson Welles”, torrenziale conversazione con il regista di “Quarto potere”, ma importanti studi sono anche stati dedicati da Bogdanovich a Hitchcock, Howard Hawks, Fritz Lang, Allan Dwan e John Ford.