Abbiamo visto il film “Motel Woodstock”, regia di Ang Lee.
Tratto dal libro Taking Woodstock: A True Story di Elliot Tiber e Tom Monte. Racconta la storia autobiografica di Elliot, un giovane arredatore del Greenwich Village che torna nel modesto motel di famiglia, l’El Monaco, per l’estate per aiutare i suoi anzianotti genitori a salvare l’alberghetto dal fallimento. Il ragazzo tra un colloquio con la banca e una riunione con i paesani scopre che nel paese vicino le autorità hanno vietato lo svolgimento di un grosso raduno musicale. Elliot allora contatta il produttore del festival Michael Lang che giunge lì, trova un enorme prato e si trasferisce subito nel motel di famiglia con tutta l’organizzazione: neanche il tempo di mettere le basi e un fiume di persone si mette in viaggio per raggiungere il campo dove è stato annunciato il Woodstock Festival. Una serie di coincidenze involontarie rende possibile quello che a quarant’anni di distanza è ancora considerato l’evento musicale e sociale più importante della storia contemporanea. Il film intelligentemente racconta il ‘dietro le quinte’ della vita, dei sogni e le aspirazioni di una generazione focalizzandolo sulle persone e le loro storie e non sul festival vero e proprio, “ sentito “ in fuori campo grazie alle note di una parte della colonna sonora originale.
Il film è arrivato in Italia in sordina, senza grande pubblicità giacchè negli Stati Uniti è stato un flop mostruoso, ha incassato solo 7460204, praticamente niente.
Mentre la critica si è divisa e chi lo ha stroncato ha detto che i problemi “ seri “ come l’omosessualità, il reducismo dal Vietnam, i razzisti e la famiglia ebrea del protagonista sono stati affrontati dallo sceneggiatore e dal regista in modo superficiale, quasi offensivo.
Io più modestamente, venendo pure dalla visione di altri film della nostra storia passata ( Il grande Sogno, Baaria… ) ho apprezzato una storia mai retorica o nostalgica, un affresco di una generazione piuttosto sincero e vero ( anche se c’è molta ‘cultura’ del sesso, droga e rock e roll ). Una storia costruita bene, credibile e piacevole da vedere anche se la psicologia del protagonista resta criptica e non risolta. C’è un’ottima regia che ci fa calare in quei tempi così lontani, una ricostruzione ( scenografia, costumi e fotografia ) degni di un film da oscar. Andatelo a vedere foss’anche solo per riflettere sui nostri tempi e sulle nostre fobie.