Abbiamo visto “ Nymphomaniac “ diretto da Lars Von Trier.

Il film del maestro Von Trier dura cinque ore e mezzo, giunge invece in Italia una versione elducorata e ipocritamente tagliata dalle scene più esplicite della durata di quattro ore circa, a sua volta divisa in due parti di due ore che l’autore sembra disconoscere dalle poche parole scritte in testa al film.  Quello che si può vedere oggi è il volume 1 ( ” The Compleat Angler “, “Jerôme “, ” Mrs. H “, ” Delirium “,” The Little Organ School ” ).  La domanda è semplice: Come si fa a giudicare così un film ? Sembra quasi come se uno volesse parlarne avendone visto solo il primo tempo e per giunta drasticamente tagliato.  Tuttavia resta un film notevolissimo, arguto, intelligente, essenziale, anche difficile perché il progetto generale sfugge un po’ e alcune intenzioni dell’autore sembrano interrotte o non sempre espresse.

Dimenticatevi la pubblicità, le scene che girano in televisione e sui blog ( non ci sono in questo primo film e quindi bisognerà aspettare la seconda parte ed è così per alcuni attori come Willem Dafoe, Jean-Marc Barr o Udo Kier ).  “ Nymphomaniac “ è una attenta e piuttosto profonda riflessione sulla depressione e sulle sue cause, in tipica salsa nordeuropa.  E’ la parte finale della “ Trilogia sulla Depressione “ che comprende “ Antichrist(2009) e “ Melancholia “ (2011 ), anche questi interpretati dalla Gainsbourg.  In questo caso la depressione è ‘ vista ‘ attraverso l’insensibilità amorosa e la ninfomania. Flm ‘ quasi clinico ‘ e artistico-scientifico, serissimo ma appena ha superato i confini italiani lo si è messo a confronto con i film di Brass o di Rocco Siffredi e quindi alcuni recensori e giornalisti hanno traformato l’evento in una parodia all’italiana.   Se potete procuratevi il final cut del regista, vedetelo a casa senza interruzioni, senza preconcetti ed anche con un po’ di pazienza perché la storia pur potente e interessante è forse troppo rigorosa.

Joe ( Charlotte Gainsbourg ) è una donna sdraiata in terra, probabilmente picchiata, forse svenuta in un vicolo sperduto di periferia, mentre dal cielo plumbeo cade la pioggia e per strada non cammina nessuno ( a noi ha ricordato per la fotografia e la scenografia il Cinema di Oshima e in particolare “ L’impero dei sensi “, film che parla di altro tipo di ninfomania ). La donna viene aiutata da Seligman, un uomo di passaggio solitario, un vecchio scapolo colto  ( Stellan Skarsgård ); l’uomo vorrebbe chiamare un’ ambulanza e la polizia ma lei, pur sofferente, chiede solo di essere ospitata a casa di lui per riprendersi.  L’uomo la mette a letto, le presta un pigiama da campo di concentramento e le offre una tazza di tè.  L’uomo è paziente, buon ascoltatore e intellettualmente disponibile e lei si sfoga con lui raccontandogli la sua ninfomania sin dai primi anni d’età, le sue sofferenze emotive, la difficoltà di sentimenti; sfogandosi e raccontando tutta la sua vita attraverso il sesso.  Il racconto si divide in otto capitoli ( nel primo film ce ne sono solo 5 e si ferma a quando lei non ha ancora trent’anni.  Ma 5 e 3 sono anche i colpi, dietro e davanti, con cui lei perde la verginità da ragazzina in un magazzino fetente e con un ragazzo interessato più al motorino che a lei ).  Seligman l’ascolta con calma e con un po’ d’ironia, la interrompe ogni tanto, fa dei commenti e delle digressioni provando a tranquillizzare la donna sul suo sesso compulsivo e nevrotico:  lei parla dei tanti uomini che ha scopato e lui parla della pesca e dei pesci, lei si sofferma su tre amanti in particolare e lui ritrova riverberi sonori nella polifonicità di J.S. Bach, gli organi sessuali dei tre amanti trovano nell’organo bachiano: piede, mano sinistra, mano destra, delle affinità.  Ma il rapporto tra Joe e Seligman è solo questo ?  Non lo sappiamo.  Lo scopriremo nella seconda parte del film.

Pur ritenendo Von Trier un regista serio e risoluto ( “ Le onde del destino “, “ Dogville “, “ Idioti “ ), questa volta potremmo dire che non si è lasciato andare nemmeno una volta ed ha mostrato una tale serietà analitica da non lasciare pause allo spettatore.  In questo caso ha aggiunto un altro tassello alla sua provocatoria ma sincera e disarmante autoanalisi pubblica.  Autore così controverso e geniale che si è beccato una patente di nazista ed è stato cacciato per dichiarazioni fatte in conferenza stampa dal Festival di Cannes.   Per quanto riguarda i ruoli femminili dei suoi film sembra che dichiari di non capire le donne ma, almeno in questo caso, sembra soffrire per e con loro.  Da segnalare in questa parte di film la Joe da ragazza ( Stecy Martin ) e la signora H ( una ritrovata Uma Thurman ).  Molto interessante la riflessione tra laicità e consapevolezza della morte durante l’agonia del padre di lei ( Christian Slater ).

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