Mi spieghi questa cosa della comicità? In che senso è cambiata?
E´ cambiata perché siamo cambiati anche noi, i simboli di riferimento, i principi, la lingua. Posso raccontarti un aneddoto folgorante?
Certo.
Poco giorni prima della mia partecipazione a Vieni via con me entro in un bar del centro di Milano. Non ti parlo di un’estrema periferia. Ero a porta romana…
E´ importante?
Certo, senti qui. Il barista, che mi conosce, mi dice: “Ma è vero che non ti pagheranno?” E io gli rispondo: “Forse, ma per me non è importante”. E Lui: “Ah…”
Non era convinto?
No. E infatti mi fa: “Certo, diamo tutti quei soldi a quel pentito di Camorra…” E io, che non avevo capito: “Ma quale pentito, scusa?”
E lui?
Quello pelato, quel Savino…
Meraviglioso. Anzi, terribile.
Non è finita. Ancora non avevo preso piena coscienza. E infatti dico: “Ma non è un pentito di Camorra. E´ un giornalista che ha scritto un libro, sulla Camorra. Si chiama Saviano…”
A questo punto si arrende?
Macchè. Mi guarda, con occhio scettico, e mi fa: “Sì, certo. Si chiama Saviano. Fa il giornalista. Però intanto i nomi li ha fatti!” E qui è successa la cosa incredibile che non riesco ancora a spiegarmi.
Cioè?
Sono scoppiato a ridere. E non riuscivo a fermarmi. Loro ci sono rimasti malissimo. Ma pure io. Ovvero: non avrei dovuto ridere. Non mi stavo divertendo, anzi, stavo male, però mi veniva da ridere. C´era qualcosa di drammatico, in quel paradosso ma la situazione era anche comica. Era drammatica perché comica, e viceversa: e questa fusione inscindibile sono i tempi in cui viviamo.
Altro esempio.
Quando leggo il sondaggio secondo cui i ragazzi del liceo sono convinti che Matteotti sia stato ucciso dalle Brigate Rosse. Se ci pensi è comica anche questa. E´ come scoprire che stiamo vivendo in una strana forma di Matrix. Nulla è serio, ma tutto è terribile.
Fammi un altro esempio così.
Sono tempi feroci. tempo fa passeggiavo per corso Buenos Aires, tutto transennato per dei lavori. Pensavo allo spettacolo, ero distratto. Ad un certo punto mi ritrovo nel labirinto e non so come uscirne.
E allora cosa fai?
Sposto una transenna, che mi cade. Fa un gran rumore. E sai che succede?
Ti ferma un vigile?
Magari. Arriva una specie di banda minorile di Boliviani e – in cinque minuti – sfascia letteralmente tutto. Tutto, capisci?
E tu che fai?
Nulla. Arrivano in due, finita l´opera, corrono verso di me, tendono la mano e…
Ti picchiano?
Mi gridano, entusiasti: “Così si fa, dammi il cinque!!!”
Di nuovo tragico e comico?
Qui con un sapore diverso, telefonato. Prima mi sono vergognato come un cane. Poi ho cercato di fuggire dalla scena del delitto. E quando ho girato l´angolo mi sono detto: “Cristo, ero diventato il capo di una banda di Boliviani!!” E poi ho avuto un flash.
Quale?
Hai presente Chaplin quando impugna lo straccio rosso e dietro si forma un corteo perché tutti pensano che sia una bandiera?
Al contrario, però.
Ecco, è un Chaplinismo con la faccia da Scarface. Ed è la lingua di questo tempo. Però, mentre pensavo al fatto che urtando una transenna ero diventato il capo della gang dei Boliviani, di nuovo… E´ stato più forte di me, mi è venuto da ridere.
Sei cambiato, sul palcoscenico, sei più attento ai registri drammatici . Possiamo dire, pomposamente, che hai superato la mezza età?
La risposta più semplice è: ho smesso di bere.
Per questo non potevi prendere lo zabaione?
Se sento una particella di alcool adesso provo disgusto.
Davvero?
Io ho sempre odiato l´alcool. E inizio a credere che tutti gli ex alcolisti in qualche modo lo odino.
Cosa è stato, per te, il bere?
E´ stato anche una benzina. E´ una benzina molto più diffusa di quanto non si pensi, sui palcoscenici, perché ti fa passare la paura. Poi, però, ti divora.
Proprio tu, che detestavi le pubblicità progresso…
Ed è ancora così: ho fatto una polemica, in scena, con quel manifesto che dice: “La droga ti spegne”.
Messaggio sbagliato?
Sì, perché bisognerebbe dire: “Prima ti accende, poi ti spegne”. Altrimenti, se tuo figlio ci casca, pensa: “Ma perché a me sembra una gran figata?”
Come hai trovato la forza?
Non c´è stata nessuna scena del tipo L´uomo dal braccio d´oro. E´ stato come tuffarsi. Una volta fatta, è fatta.
Sei riuscito a trarre ispirazione anche dalle sedute tipo club degli Alcolisti Anonimi.
Ci ho fatto uno spettacolo: immagina la potenzialità di commedia di una scena dove venti uomini si alzano e dicono: “Sono Piero, e non bevo da 200 giorni…”, “Sono Carlo: e non mi faccio da 3 mesi…”, “Sono Luigi, e non gioco a poker da un due settimane…”
E quando arrivi, tu cosa dici?
Sono Paolo, e quando vedo che mettiamo insieme tutte le dipendenze del mondo, mi dico: “L´unico modo che abbiamo per uscirne davvero tutti è passarci i nostri vizi l´un l altro”.
Sei sempre l´incorreggibile giullare anarchico.
No, davvero: capisci che bello l´ex alcolista che gioca a poker? E prova a immaginare l´erotomane che diventa eroinomane.
Sei un genio del male.
No, sono un comico. Che come comico nota delle cose diverse.
Fammi un altro esempio.
Nel mio spettacolo c´è una battuta sul precetto evangelico della cruna del´ago.
Divertentisisma.
Ebbene, quando faccio gli spettacoli con le scolaresche, a quella battuta non ride nessuno. Allora una volta chiedo, per scrupolo: “Ma voi lo sapete cos´è la cruna dell´ago, vero?” Silenzio.
Un secchione si trova sempre.
Oh, sì. Ma il secchione mi ha risposto: “Un romanzo di Ken Follet”. Ecco, l´Italia di oggi è anche questa.
Che pubblico hai?
Di tutti i tipi. Di centrodestra, di destra, e anche di centro.
Vuoi dire di sinistra!
No, io li chiamo centro. La sinistra è finita nel 1989. Nel vecchio Pci c´era la passione, quella che faceva prendere le ferie per friggere le salsicce. Poi c´era la lotta di classe. E poi c´era una nomenclatura di stampo sovietico. Ebbene, caduto il muro, la terza cosa poteva sparire. Invece sono scomparse la passione e la lotta di classe. Ed è rimasta solo la nomenclatura di stampo sovietico.
Dedichi le battute più feroci a Bondi.
Si, poverino. Quando penso che uno così ha potere mi fa rabbia. Poi lo perde e mi fa pena. Poi apre bocca e mi fa rabbia di nuovo.
Quale è la battuta più antica del tuo repertorio.
Non è mia. Me l´ha regalata il famoso carabiniere che mi fermò a un posto di blocco, nel 1977, con una R4 rossa.
Quello che ti chiese: “Può declinare le sue generalità?”
Io dissi: “Mi chiamo Paolo Rossi”. E lui: “E´ fratello del centravanti?” E io: “Ma secondo lei uno ha due figli e li chiama tutti Paolo?” Ecco, dopo trent´anni fa ridere sempre. A me quel carabiniere mi ha spalancato una carriera.