Abbiamo visto Paradiso amaro (The Descendants) regia di Alexander Payne.
Payne è un regista soprattutto d’attori, nei suoi cinque film ha scelto interpreti come Laura Dern (attrice feticcio di David Lynch e candidata all’Oscar), Jack Nicholson (per A proposito di Schimdt), Paul Giamatti (per Sideways – In viaggio con Jack) ed ora George Clooney nel ruolo di Matt King, un uomo ‘senza qualità’ che si trova all’improvviso davanti alla sua vita e alle sue
inadempienze. Attori che elevano storie interessanti ma ‘semplici’ e ‘minimaliste’ a rango di film ‘cult’. Payne è un osservatore ironico e a volte caustico del modo di vivere degli statunitensi, graffia con gentilezza sul conformismo, i tradimenti, le ipocrisie; scrive dialoghi che funzionano e sottoplot anche divertenti. Ma come regista continua con il suo stile lineare, mai imprevedibile, inquadra i personaggi e gli ambienti lasciando che siano loro a creare la sostanza del film; non porta nulla di nuovo insomma, a volte è convenzionale, prevedibile, privo di scatti innovativi. Con quest’ultimo film è anche didascalico, lento e ‘letterario’, anche se sembra spiacevole scriverlo, è prolisso su panorami paradisiaci che dovrebbero comunicarci quella zona speciale dove l’imprevedibilità del mondo esterno si coniuga con il turbolento mondo interiore: potrebbe durare sicuramente un dieci minuti in meno – via qualche tramonto e qualche paesaggio fine a se stesso, via il raddoppio di alcune tipizzazioni dei personaggi anche secondari – e il film ne guadagnerebbe in fruizione e leggerezza. Altra nota a demerito – secondo il nostro parere, naturalmente – è che non è riuscito stilisticamente a scrollarsi di dosso il romanzo da cui è tratto e quindi l’introduzione con la voce in off è prolissa e senza una reale necessità (Le Hawaii non sono il paradiso in terra e i suoi cittadini possono anche soffrire stando in pantaloncini e guardando il mare…) mentre tutto quello che riguarda la parte delle radici, della difesa ecologica ed emotiva di un luogo si concretizzano con una non vendita di un pezzo di terra che sembra quasi un pretesto di vendetta politicamente corretto contro l’amante della moglie e non una reale maturazione di scelta di vita.
Paradiso amaro ha due protagonisti, Le Hawaii con le belle spiagge, il magnifico mare e la vita semplice e ‘antiborghese’ che entra prepotentemente dentro tutte le scene e nell’animo dei suoi protagonisti, e Matt King, un brav’uomo, un po’ troppo immerso nel lavoro e naturalmente un po’ distante dalla moglie e dalle due figlie che stanno crescendo ribelli e scontrose. Matt è un avvocato ricco e affermato con una grande proprietà terriera ereditata con i cugini dai bisnonni e che sta per vendere, allo stesso tempo è un uomo equilibrato che non ha mai abusato della ricchezza, ed ha abituato moglie e figlie a vivere bene ma non nel lusso né con sprechi.
La storia inizia con la moglie di Matt, Elizabeth che ha appena avuto un incidente nautico e si trova in coma all’ospedale. Matt ritorna di corsa e l’assiste paziente sperando in una ripresa ma spera anche in un loro riavvicinamento dopo una lunga crisi mai scoppiata. Ma il dottore gli comunica che non ci sono più speranze e che dovranno staccare le macchine che la tengono in vita, anche perché lei ha lasciato un testamento biologico. Matt è così frastornato e addolorato che continua a vivere con calma e senza strazio apparente. Si ritrova con due figlie, una di dieci e l’altra di diciassette, che in realtà non conosce; Alexandra (una brava Shailene Woodley), la più grande, è stata mandata in un college per frenare la sua ribellione, beve, dice parolacce e appare meno matura di quello che in fondo è; Scottie (Amara Miller) ancora bambina, cresciuta un po’ da sola e influenzata dalla sorella. Il dolore di Matt trova una “valvola di sfogo” quando viene a sapere dalla figlia che Elisabeth aveva una relazione extraconiugale e stava per chiedergli il divorzio. Matt si mette alla ricerca dell’amante di sua moglie, mentre lei si spegne lentamente in ospedale. Matt più che scioccato è sorpreso: vuole conoscere il rivale, guardarlo in faccia, capire perché e per dirgli cosa è successo alla donna. E durante il viaggio della ricerca è accompagnato dalle due figlie che si riaffezionano a lui riformando un nucleo familiare affettuoso e armonioso.
Paradiso amaro è candidato a cinque Oscar (miglio film, miglior regia, migliore attore, miglior sceneggiatura non originale e miglior montaggio) e il bravo George Clooney ha già vinto il Golden Globe 2012.