Abbiamo visto “ Party girl “ regia di Marie Amachoukeli, Claire Burger, Samuel Théis.
Non c’è niente di male a voler restare se stessi anche oltre qualsiasi convenienza o concretezza. In qualche caso si parla di coerenza in altre di ostinazione, in questo caso invece può lasciare perplessi alcuni e solidali pochi altri: non per questo i primi sono conformisti e i secondi libertari. La storia è ben chiara sin dal trailer: Angélique, una donna che ha superato i sessanta, dalla vita travagliata ( ha quattro figli, due dei quali avuti da chissà chi ), non particolarmente piacente, in fondo preferisce ritornare ad una vita fatta di bevute notturne, ‘ allegria ‘ con le amiche prostitute in un locale terribile con lap dance e separè in cui fare sesso e farsi pagare ( per lei sempre più di rado ) piuttosto che vivere con un brav’uomo che l’ha appena sposata ma che non rientra nei suoi parametri dell’amore. Idea femminista d’antan, una storia molto simile per certi versi – anche senza questo estremismo – al bel film cileno Gloria dell’anno passato, come identico e meno efficace il finale: la donna si veste di bianco con una minigonna e da sola va a ballare e bere in un locale. Un film strano, un po’ in stile documentaristico e un po’ in stile nouvelle vague: un docu-fiction rafforzato dai personaggi di contorno, più o meno interpretati dagli stessi protagonisti ( leggete i nomi dei personaggi e quelli di chi li interpretano, mentre uno dei registi è il suo primo figlio nella realtà e nella finzione ), in una ricostruzione narrativa e umana che i tre registi vorrebbero rendere tra il primo Maurice Pialat, un certo cinema di Cassavetes e il Pasolini di Mamma Roma; ma che in fondo ricorda – anche nei due attori principali – un bel film di Mike Leight, Segreti e bugie. E nonostante la veridicità di volti e dialoghi, nonostante le inquadrature siano addosso ai personaggi spesso capita di sentirli ‘ freddi ‘, come vedere qualcosa di lontano e quindi di poco coinvolgente. L’esatto opposto di un film italiano simile nelle intenzioni, ma spendido e sconosciuto, come La bocca del Lupo del casertano Pietro Marcello.
Angélique ( Angelique Litzenburger, madre di uno dei registi, Samuel Theis ) è una donna che nonostante l’età, la perdita di fascino e le difficoltà del lavoro che fa, sembra continuare ad amare la vita notturna dei locali a luci rosse, la vita disinibita con le colleghe con cui va d’amore e d’accordo, le le grandi bevute; anche se trascorre sempre più spesso le notti da sola seduta ad un bancone di un locale a riempirsi di alcool fino a quando qualche buttafuori non l’accompagna in qualche stanza e la butta su un letto. Qualcuno romanticamente la definirebbe un’eterna adolescente romantica, qualcun altro una disadattata autodistruttiva che ha bisogno di alcool e rumore per esistere e nascondere i suoi malesseri; sicuramente non riesce a confrontarsi con la vita in maniera matura, anche davanti al calo della clientela e dell’interesse che suscita negli uomini. Insomma è in un continuo conflitto esistenzale e non sa decidersi su niente. Tant’è che un giorno va a trovare a casa Michel ( Un bravo e simpatico Joseph Bour ), un vecchio cliente gentile e affettuoso che non va più al locale; un ex minatore ormai in pensione, innamorato di lei ma stanco di quegli incontri e stufo di dover pagare per un po’ d’amore; in quello stesso incontro lui le chiede di vedersi come due esseri umani, di giorno; lei accetta ed iniziano ad incontrarsi e l’ex-minatore e campione di tiro, in pochi giorni le chiede di andare a vivere da lui e di smetterla con quella vita e lei accetta anche se rimane incerta e con lui non vorrà mai fare l’amore ( lui pensa candidamente che lei abbia paura, forse lei deve avere lo stimolo del denaro per farlo con uno della sua età ). Comunque tutto sembra procedere bene, lui conosce anche i figli di lei ed è sempre tenero e paziente nonostante lei sia piena di dubbi che però rivela solo alle amiche di vita, e chiede consiglio a loro quando lui le chiede di sposarla. Naturalmente tutti le dicono di farlo, anche i figli che hanno preso a ben volere l’uomo. Ma lei cerca in tutti i modi un pretesto per non sposarsi, al punto che la sera prima del matrimonio chiede aiuto al primo figlio – che abita a Parigi -gli propone di portarla via con sé. Il giorno dopo c’è il matrimonio, tutto sembra procedere bene ma quando i due tornano a casa…
Un racconto semplice e in controtendenza con il cinema odierno, una storia sviluppata con coerenza e con un occhio onesto ma – come abbiamo già detto – non crea un’empatia con lo spettatore, forse perché in fondo la protagonista non risulta né simpatica né particolarmente vittima di se stessa: in fondo la domanda che rimane senza risposta è, ma Angélique è solo una donna libera che paga le conseguenze di questa sua estrema libertà oppure è solo una donna disadattata che non sa dare una direzione alla sua vita cadendo nell’egoismo più totale ?