Posto che ci si deve armare di una buona dose di pazienza e attenzione, e (soprattutto) fare un bel respiro e liberarsi di tutte quelle modalità con cui siamo abituati a pensare e che diamo per scontate, posto tutto questo, diamo il via alle danze. Comincio da due riferimenti per stuzzicare un po’ la curiosità e far cominciare a capire cosa si intende con “sospensione di giudizio”. In Tenet, l’ultimo film di Christopher Nolan il protagonista ha questa conversazione:
“Ci ho riflettuto, siamo i loro antenati, se ci distruggono non distruggeranno anche se stessi?”
“Il che ci porta al paradosso del nonno: se tornassi indietro nel tempo e uccidessi tuo nonno come avresti potuto nascere per commettere l’atto?”
“E la risposta?”
“Non c’è risposta, è un paradosso. Ma nel futuro chi è al potere è convinto che si possa buttare giù il nonno dalle scale, cavargli gli occhi e tagliargli la gola senza conseguenze”.
Forse il paradosso del nonno lo avete già sentito, lo vediamo tra poco. Carlo Rovelli, invece, ne L’ordine del tempo (sì, sempre quello) scrive: “Le ‘linee temporali chiuse’, dove il futuro riporta al passato, sono quelle che spaventano chi pensa che un figlio potrebbe andare ad ammazzare la madre prima della propria nascita. Ma non c’è nessuna contraddizione logica nell’esistenza di linee temporali chiuse o di viaggi nel passato; siamo noi che complichiamo le cose con le nostre confuse fantasie sulla libertà del futuro”.
Dietro questi due riferimenti vi è un acceso dibattito circa la possibilità dei viaggi nel tempo, scaturito da una serie di paradossi come, appunto, il paradosso del nonno. Sotto a questo dibattito però se ne cela uno ancor più fondamentale (ecco la sospensione di giudizio) circa la determinatezza o indeterminatezza del futuro: il futuro è uno spazio vuoto che aspetta d’essere riempito? O è già una pienezza? Un copione che aspetta di essere recitato?
Sostanzialmente la possibilità di viaggiare nel tempo è strettamente connessa con la determinatezza del futuro: se si viaggia nel tempo, il tempo è già determinato. Ora, non si pretende certo in questa sede di rispondere in via definitiva a questioni di così grossa portata, solo di far un po’ traballare dei concetti che di traballante sembrerebbe non abbiano nulla (mentre invece sono proprio quelli che, dal secolo scorso, barcollano come fossero sbronzi). Il dibattito ha inizio perché, Kurt Gödel (noto logico del XX secolo) si rende conto a un certo punto che la nuova visione che Einstein forniva della gravità portava alla possibilità del costituirsi di “linee temporali chiuse”. Queste sono delle sorte di loop temporali in cui il percorso verso il futuro porta al passato; in cui una causa cui segue un effetto è, da ultimo, causata dal suo stesso effetto. Apriti cielo: quindi il futuro è già determinato?
David Lewis (un bizzarro filosofo del secolo scorso con una lunga barba da Confucio) questo argomento (tra tanti) lo prende a cuore e scrive un bell’articolo che può fare chiarezza (o confusione). Si parta dal presupposto che il cambiamento è una differenza qualitativa tra momenti di un qualche cosa che ha una durata. Quindi ciò che non ha una durata non ha momenti, non ha differenze qualitative e non può quindi cambiare: un momento (un evento) non può cambiare visto che non è suddivisibile in parti temporali.
Detto ciò si presenta subito un primo problema, ossia, per fare un esempio: a dividere questo momento in cui sto scrivendo e il momento in cui si svolse la battaglia di Waterloo (1815) ci sono esattamente 206 anni, ma se io mi muovessi da “questo momento” alla battaglia di Waterloo viaggiando indietro nel tempo ci impiegherei, diciamo, 20 minuti. Com’è possibile che due stessi eventi siano separati da un lasso di tempo differente?
Lewis mette subito da parte le risposte che fanno ricorso a più dimensioni (per cui in una dimensione gli eventi A e B sono separati da un lasso di tempo minore rispetto a quello che separa gli stessi eventi in un’altra dimensione). Non che più dimensioni non siano tout court possibili, solo si vuole dimostrare la coerenza logica di un viaggio nel tempo senza la necessità di ricorrervi. Quindi stabiliamo che ciò che distingue i 206 anni che separano “questo momento” dalla battaglia di Waterloo e i 20 minuti che io impiego per tornare alla battaglia siano semplicemente due tipologie diverse di tempo. Nel primo caso si tratta del tempo esterno, il “nostro” tempo, regolare, uguale per tutti (tutti quelli che non viaggiano nel tempo) e che scorre dal passato verso il futuro; nel secondo caso si tratta del mio tempo personale, ossia quel particolare lasso di tempo che ha la caratteristica di comprendere l’evento della mia vita. Badate bene: anche il “mio” tempo personale di viaggiatore temporale scorre dal passato verso il futuro, solo che il mio passato e il mio futuro non coincidono coi vostri. Comunque, con questo “escamotage” ci si può riferire al tempo personale e al tempo esterno con lo stesso lessico e si può comprendere la frase che, riferita a un viaggiatore temporale, dice: “presto sarà nel passato” o “adesso sta assistendo all’esecuzione del re Luigi XVI”.
Fin qui, dice Lewis, nessuna obiezione, tutti annuiscono, magari qualcuno storce il naso, ma in fondo ci si può considerare d’accordo. Tuttavia molti sono già lì che fremono, pronti ad aprir bocca e scatenare un putiferio. Obbiettano che il problema non sta tanto in cosa fa un viaggiatore temporale, quanto in cosa potrebbe fare. Può un viaggiatore temporale cambiare il passato? Pare di no visto che, come si è detto, gli eventi non sono suddivisibili in parti temporali, e non possono quindi cambiare. D’altra parte però, perché un viaggiatore temporale non dovrebbe essere libero di interagire col mondo esattamente come lo sono tutti? Non saranno certo le catene della logica a fermarlo. Sembra quindi che il viaggiatore possa e non possa cambiare il passato, il che implica una contraddizione, esclamata a gran voce da coloro che sostengono l’impossibilità logica dei viaggi temporali.
Ma: prendiamo Tim. Tim odia a morte suo nonno e vorrebbe ucciderlo. Accidentalmente però il nonno muore quando Tim ha 10 anni e non è ancora in grado di compiere nessun omicidio. Ma Tim è un cervellone e quando diventa grande riesce a costruire una macchina del tempo che gli permette di andare nell’anno 1921, anno in cui (guarda un po’) il nonno è ancora in vita. Tim prepara il piano nei minimi dettagli: compra uno dei migliori fucili in circolazione; si esercita per poterlo maneggiare; segue il nonno (che non è ancora suo nonno) per studiarne minuziosamente i movimenti quotidiani e si apposta nel suo nascondiglio per compiere l’omicidio.
E tuttavia, nonostante i suoi lodevoli sforzi, Tim non potrà uccidere suo nonno. Perché in effetti compiere quest’atto significherebbe modificare il passato, ma, come si è detto, gli eventi passati, già attualizzati, non possono essere modificati. Da questo punto di vista sembrerebbe effettivamente che Tim possa e non possa uccidere suo nonno: una contraddizione che porta con sé l’impossibilità di viaggiare nel tempo.
Ma ora vediamo il caso di Tom. Tom, è un sempliciotto, lui non sa viaggiare nel tempo. E tuttavia odia profondante il socio del nonno e (nel 1921, suo anno corrente) decide di ucciderlo. Alla domanda “Tom può uccidere suo nonno?” non abbiamo nessuna esitazione a rispondere che certamente può ucciderlo, proprio come chiunque può uccidere chiunque. E allora perché nel caso del povero Tim si verifica una contraddizione? Lui ci guarda imbronciato col suo fucile in mano e non sa proprio spiegarsi cosa mai potrebbe impedirgli di uccidere suo nonno.
Alla domanda “Tim può uccidere suo nonno?” tentenniamo perché, di nuovo, sembra che possa e non possa. Ma il verbo “potere” è usato in riferimento a due contesti diversi. Nel primo caso Tim può uccidere suo nonno perché ha tutto ciò che gli serve (un fucile, un buon piano ecc.), invece nel secondo caso non può, ma in riferimento a un contesto diverso, ossia il passato di Tim: il fatto, unico e immodificabile (perché passato), che suo nonno sia morto quando aveva 10 anni e non nel 1921 per mano di un omicida. Invece nel caso di Tom l’impossibilità di uccidere il socio del nonno riguarda il futuro, e il futuro è il luogo del possibile, dal punto di vista di Tom. Nel caso di Tim ci ingarbugliamo perché sembra che possa e non possa, ma questo dipende solo da se decidiamo di guardare la sua situazione dal punto di vista del suo passato (in tal caso non può) o del suo futuro (in tal caso può). Ma si deve scegliere. Quello che non si può fare è esitare, dire in uno stesso momento che può e non può e poi concludere che questa contraddanze prova che i viaggi nel tempo siano impossibili. Fondamentalmente non c’è un 1921 “originale” in cui il nonno non è stato ucciso e un “nuovo” 1921 in cui il nonno è stato ucciso. Gli eventi originali sono gli unici esistenti e (in quanto avvenuti) non possono essere cambiati (il passato non si cambia!). Quello che si può cambiare è ciò che non si è ancora attualizzato. Ma “non attualizzato” dal nostro punto di vista, ed è quello chedobbiamo scegliere: stiamo guardando l’evento dal punto di vista del tempo personale di Tim o dal punto di vista del tempo esterno in cui è il 1921? Si prenda una scelta.
Ora, assodato il fatto che si debba scegliere da che punto di vista guardare l’evento che si sta raccontando, si dirà che optare per la seconda opzione (in cui Tim nell’originale e unico 1921 uccide suo nonno) avrebbe qualcosa che non va rispetto a come pensiamo abitualmente. Se il futuro è uno spazio vuoto e incontaminato in cui è ancora tutto da decidere com’è possibile che un ipotetico Tim arrivi dal futuro a modificare quello che è il nostro presente? Il fatto che Tim sia da sempre nel 1921 (nell’originale e unico) lì pronto col fucile ad uccidere suo nonno ci sembra strano perché pensiamo che il futuro sia uno spazio vuoto. Ed è esattamente questa la posta in gioco di questo dibattito.
È certo però, che se decidiamo che Tim ha da sempre ucciso suo nonno, la storia deve cambiare rispetto a com’è stata raccontata (per come io l’ho raccontata Tim non ha mai ucciso suo nonno che ha quindi generato un figlio il quale a sua volta ha generato Tim) altrimenti è certo che si ha una contraddizione. Come scrive Lewis: “Se si mantiene tutta la storia ‘fissata’ e si fa un esempio controfattuale è ovvio che si ha una contraddizione. Se si vuole che Tim uccida suo nonno nel 1921 la storia deve cambiare: Tim potrebbe essere il nipote qualcun altro; potrebbe essere nato dal nulla o magari essere il nipote di un uomo ucciso nel 1921 e miracolosamente risorto. È difficile dire quale possa essere la versione della storia che faccia sì che Tim possa uccidere suo nonno, ma certamente la versione contraddittoria in cui Tim uccide e non uccide suo nonno non è quella definitiva.”
A questo punto dell’articolo però, c’è una gran puzza di fatalismo, e Lewis lo sa bene, tanto che dice: “‘Non voterò i repubblicani alle prossime elezioni’. I fatalisti direbbero che, strano a dirsi, non solo io non voglio votare i repubblicani, ma non posso; secondo loro non c’è niente che scegliamo di non fare ma che avremmo potuto fare (se lo avessimo scelto). La mia risposta è che questo è vero, non c’è dubbio; tuttavia, si tratta di un fatto irrilevante sul futuro mascherato da un fatto rilevante riguardo il passato, e quindi non dovrebbe essere considerato circa ciò che, in generale, posso fare”.
Sperando che si sia riusciti a comprendere qualcosa dovrebbe essere chiaro che qui non è tanto in gioco la possibilità di viaggiare nel tempo (nessuno si scannerebbe tanto per una cosa del genere, ci si scanna quando la posta è alta, e i difensori del senso comune non hanno intenzione di mollare la presa) quanto il modo in cui il nostro futuro è sempre stato visto. Ci siamo abituati a credere che il futuro sia uno spazio vuoto, colmabile con le nostre azioni libere di una libertà purissima. E tuttavia, se ci si pensa, l’idea di una libertà incontaminata è stata abbandonata da un pezzo: Popper le chiama “aspettazioni”, Heidegger la chiama “precomprensione”, altri “inconscio”, come si vuole, sta di fatto che qualcosa di cui non siamo consapevoli (e non ci rende limpidi a noi stessi) in qualche modo ci precede e ci influenza. Gadamer ad esempio direbbe che “non è la storia che appartiene a noi ma noi che apparteniamo alla storia”. Ma, come sottolinea Lewis, questo non ha nessuna rilevanza nell’atto della scelta, che è a carico nostro. Chiudo (che coincidenza) da dove ho cominciato, ossia da Tenet, dalla sua scena finale: “Hai salvato il mondo, non si può lasciare niente al caso” “Ma cambia se ci comportiamo diversamente?” “‘È andata com’è andata’ è un’espressione di fiducia nella meccanica del mondo, non una scusa per non far niente” “Destino?” “Chiamalo come vuoi” “Tu come lo chiami?” “Realtà”.