Abbiamo visto “ The Hateful Eight “ regia di Quentin Tarantino

Con Samuel L. Jackson, Kurt Russell, Jennifer Jason Leigh, Bruce Dern, Tin Roth, Michael Madsen. Western, durata 167 min. – USA 2015. – 01 Distribution uscita giovedì 4 febbraio 2016

Ma quanto si parla nel far west di Tarantino, anche con qualche citazione colta in bocca a killer e gente che ha mangiato solo polvere nella vita. Poi sembra di trovarsi a un certo punto in un episodio televisivo di Hercul Poirot in Assassinio sull’Orient Express o in 10 piccoli indiani. C’è il veleno, ci sono due morti che sputano sangue su scala industriale degne di un thriller B-movie, tutti sono sospettati e non a torto; il nostro protagonista, il più probabile degli indiziati, lo sospetta sin dall’inizio ma aspetta un paio d’ore per rinfacciargli le sue certezze. Mentre uno dei colpevoli esce dal cilindro solo verso la fine perché se ne è restato tutto il tempo nascosto. Tutto il cinema tarantiniano sembra condensarsi in questo film con i pregi formali e lo sciocchezzaio narrativo che assurge a mitico per i suoi fans che più che vedere un film fanno la ricorsa agli omaggi cinematografici che ci sono all’interno, dichiarati e non, dal regista. E allora si inizia con un capolavoro come Ombre Rosse, del più grande di tutti John Ford, e che Tarantino dichiara di non amare. Lì c’era Ringo Kid ( Wayne ) qui, giacchè siamo splatter ma politicamente corretti, c’è il negro Samuel L. Jackson ( come la più cattiva non è un uomo bensì una donna ). Protagonista sullo sfondo c’è la neve del Wyoming che ricorda Il Grande silenzio del nostro Sergio Corbucci ( passato in Tv in questi giorni ). In maniera meno diretta c’è anche lo zampino di un film come Notte senza legge di Andrè de Toth mentre più simile per atmosfere e sviluppo il western horror spagnolo Condenados a vivir di Joaquin Luis Romero Marchent, e si potrebbe continuare su questo piano tra riferimenti a nomi dei protagonisti, battute e intrecci per un bel po’ pensando agli spaghetti-western e al western americano meno glorificato. Ma in fondo i riferimenti sono anche ad altri generi come ad esempio la parte finale in cui emerge il ruolo della donna ( Jennifer Jason Leight ), ricorda Carrie-lo sguardo di Satana, ed anche – come hanno rilevato in tanti – le atmosfere horror de La cosa di John Carpenter. E c’è qualcosa nella interazione dei protagonisti che ricorda una certa Nouvelle Vague. Come si può capire non siamo dei fan di Tarantino, forse perché dopo i suoi due primi film, veri gioielli, se non capolavori, Le Iene e Pulp Fiction, il regista di Knoxville ha realizzato dei film a volte plasticamente vuoti a volte irridenti verso il Cinema, non certo innovativi; forse perché in fondo siamo più legati alla tradizione e a film di maestri come John Ford, Samuel Fuller, Sam Peckinpah, forse perché è il nostro modo politico di vedere i film. Con Tarantino, oltre vedere una maestria registica e accettare l’ironia dei generi ci lascia sempre in un vuoto pneumatico culturale e sentimentale.

Il film è costruito in cinque capitoli più il finale. Nel primo intitolato L’ultima diligenza per Red Rock ( la parte meglio riuscita e più classica ), una diligenza attraversa di corsa il paesaggio invernale mentre una bufera è in arrivo; i passeggeri sono il cacciatore di taglie John Ruth ( un redivivo Kurt Russel ) e la criminale Daisy Domergue ( una bravissima Jason Leight ), sono diretti verso la città di Red Rock, dove l’uomo riceverà diecimila dollari per la taglia e la ricercata sarà impiccata.   Lungo la strada, la diligenza viene fermata dal maggiore nero Marquis ( Jackson ) che ha perso il cavallo ed ha bisogno di un passaggio anche per portare i tre tagliagole che ha ucciso. Il maggiore e Ruth si conoscono già ( sono entrambi dei cacciatori di taglie e il secondo sa che il nero ha una lettera del Presidente che porta con sè ), proseguono il viaggio assieme anche se c’è diffidenza per il “ bottino “ che l’altro potrebbe prendergli.   Il secondo Capitolo ha come titolo Figlio d’un cane, sulla strada la diligenza deve di nuovo fermarsi, chiede un passaggio anche Chris Mannix ( Walton Goggins ), un rinnegato del sud che sostiene di essere stato nominato sceriffo di Red Rock. Ruth fa salire a malincuore Mannix, ma prima stringe un patto con il maggiore. Durante il viaggio Marquis e Mannix si raccontano gesta che li hanno visti protagonisti su fronti opposti durante la guerra civile che è terminata da sette anni ma che ha lasciato rancori e rabbie.  Il viaggio però è deviato dalla bufera in arrivo e i passeggeri vanno verso un emporio per aspettare che smetta. Il terzo capitolo si intitola L’emporio di Minnie. La bufera arriva e i quattro più il cocchiere O.B. si rifugiano nell’emporio dove si trovano già quattro tipi che non hanno mai visto prima: Bob ( Demian Bichir ), un messicano che si occupa del locale in assenza della proprietaria e del marito Sweet Dave, Oswaldo Mobray, ( Tim Roth, dal timbro introverso alla Klaus Kinsky ) di professione boia cittadino, il cowboy Joe Gage ( un contenuto Michael Madsen ) e un anziano generale sudista Sanford Smithers ( il mitico Bruce Dern ). Ruth cerca di capire se da quei quattro possano venire dei pericoli per il suo bottino, mentre il maggiore Warren sospetta qualcosa sul messicano ed è ostile al generale che durante la guerra ha ucciso molti sodati negri, Mannix invece è onorato di trovarsi alla presenza di Smithers, il generale è una leggenda per tutti i sudisti.  Iniziano sospetti, rivalità e avversioni tra chi è arrivato e coloro che sono già lì in puro stile teatrale, mentre fuori incombe una tempesta di neve. Nel quarto capitolo il cui titolo è Domergue ha un segreto escono fuori tensioni e svelamenti; mentre il maggiore sfida il generale con un racconto raccapricciante per il vecchio, qualcuno ha messo del veleno nel caffè e poco dopo due dei nuovi venuti muoiono tra atroci sofferenze. Il maggiore Warren, pistola in pugno, inizia a indagare su chi abbia messo il veleno nel caffè, aiutato da Mannix che stava per berlo, sospetta di tutti e tre, Bob, Mobray, Gage, sicuramente almeno uno finge di essere qualcun altro per liberare la ragazza… Nel capitolo cinque ( I quattro passeggeri ) si racconta l’antefatto e ciò che è successo all’emporio poche ore prima e della reale fine dei proprietari dell’emporio. Nell’ultimo capitolo Uomo nero, inferno bianco, si ritorna al presente e diventa assoluta protagonista Daisy Domergue mentre gli uomini si affrontano a colpi di pistola in un finale a metà tra Peckinpah e Carpenter.

Una regia sontuosa in 70 mm di un film prolisso in tutti i sensi che non inventa nulla di nuovo se non l’autofagocitazione del mondo visivo di Tarantino. Un cast al solito ottimo con la segnalazione tra tutti della Jason Leigh ( candidata all’Oscar come migliore attrice non protagonista ), una bella fotografia ( senza tuttavia una graffiatura ) di Robert Richardson ( Oscar per The Aviator, JFK, Un caso ancora aperto e Hugo Cabral ), musiche del nostro Ennio Morricone, belle ma non memorabili come ci ha abituati.

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