Abbiamo visto “ The Salvation “ regia di Kristian Levring.
Il Western, uno dei generi nobili del Cinema, ogni tanto ritorna con qualche bel film. Certo sono finiti i tempi dei Leone e dei Peckinpah, per non andare troppo indietro col tempo. E film come Il Grinta dei Fratelli Coen o Quel treno per Yuma di James Mangold fino a Django Unchained di Tarantino, sembrano più degli omaggi al genere di ottimi registi cinefili che non una nuova ricerca di chiavi di lettura di quel mondo e forse per riverbero del nostro. Forse solo Gli spietati di Eastwood aggiunge qualcosa ma lo si deve più all’immaginario crepuscolare dello stesso attore-regista, i cui valori tracimano nei generi. Probabilmente il Western è un genere che ci ha raccontato già tutto e difficilmente può rinnovarsi, ( Sempre se non includiamo nel cinema postmoderno di oggi, il western all black, i western femminili, quelli rivisitati e quelli che fingono di non esserlo, e poi ci sono anche i western giapponesi ( Sukiyaki Western Django di Takashi Miike ), solo per citarne alcuni ). Probabilmente di quel mondo sappiamo quasi ogni cosa e rimane mitico solo per pochi perché è come se vedessimo il mondo di oggi attraverso uno specchio deformato ma anche semplificato degli istinti umani.
Il regista danese Kristian Levring giunge al film Western dopo esperienze delle più varie, fondatore di Dogma 95 assieme a Lars Von Trier, director di una serie di 3 film televisivi, e realizzatore di solo 4 film per il Cinema – in cui in uno ha raccontato di un gruppo di turisti che resta bloccato nel deserto della Namibia e per passare il tempo allestiscono il Re Lear di Shakespeare ( Il re è vivo, 2000 ) o di un topografo che giunge con la fidanzata nella giungla della Malesia ( Quando verrà la pioggia, 2002 ) – . Si accosta adesso al western nel più classico rispetto di un genere ormai crepuscolare e assai violento, con l’aggiunta della cupezza e del gelo glaciale dei sentimenti tipico degli scandinavi, cosa che rende The salvation la rappresentazione esemplificata, chiarificatrice e forse definitiva di questo genere che nel nuovo secolo rinuncia a qualsiasi forma di epicità, di mito e sotto sotto anche di lieve umorismo.
Il film che realizza Levring è un buon western, dalla sceneggiatura limpida e semplice, in cui un sopruso inumano e la violenza subita inizialmente termina in un Grand Guignol finale, ma senza tuttavia ostentare riprese sulla morte dei cattivi ( più Dogma che Il Mucchio Selvaggio ), come se il tutto fosse un naturale divenire e senza mostrare alcun compiacimento, perché solo i superficiali possono provare gioia nel dolore estremo. Quello di cui si sente la mancanza però è sapere qualcosa in più dei personaggi che sono in fondo delle maschere di ruolo – pensiamo all’ex calciatore Cantona, braccio destro del cattivo di turno che dirà in tutto una decina di parole, ma anche alla muta Madelaine ( Eva Green ) che è l’amante di un bandito putrido e che odia il fratello di lui senza una ragione chiara. Da segnalare una ottima fotografia ( Jens Schlosser ) che costruisce immagini taglienti, lunari e algide con perfette geometrie. Un ottimo cast che vede come protagonisti il bravissimo attore danese Mads Millelsen ( visto ultimamente ne Il Sospetto e Royal Affair ), la diva francese Eva Green ( Dark Shadows, Sin City ), Jeffrey Dean Morgan nel ruolo del cattivo ( The Possession, Alba Rossa ) e l’incredibile Jonathan Pryce ( famoso per Brazil ma è anche Peron in Evita e il capo dell’Ira in Ronin ).
John è un colono danese che è giunto con il fratello negli Stati Uniti per cercare fortuna, entrambi sono stati nel loro Paese dei soldati ed hanno combattuto contro i Prussiani nella guerra del 1862. Dopo sette anni di duro lavoro John fa venire sua moglie e suo figlio per iniziare finalmente una vita assieme. Ma sulla diligenza su cui partono per andare nel piccolo ranch salgono due tagliagole appena usciti dal carcere e succede il dramma, eccitati dalla bellezza della donna e ubriachi buttano fuori dalla diligenza l’uomo e dopo aver ucciso i due uomini della carrozza violentano la donna. Ma John correndo a piedi li raggiunge e li uccide. Porta i suoi morti a casa, li veglia con il fratello e li seppellisce. Non ha più niente da fare lì, vende la sua terra al sindaco-becchino e sta per partire verso ovest. Ma uno dei due uomini che ha ucciso è il fratello del capo di una banda di tagliagole, lo spietato e affarista Delarue, l’uomo vuole vendetta con la legge del taglione e pretende dalla popolazione del luogo la consegna del colpevole e se non sanno chi sia ucciderà due abitanti del luogo. La paura e la viltà della gente fa accettare passivamente la sentenza di Delarue e consegnano due poveri cittadini che verranno uccisi, ma qualcuno intuisce chi possa essere il vero colpevole e lo denuncia al prete-sceriffo, un classico vigliacco pronto a tutto pur di sopravvivere. John verrà preso dagli uomini di Delarue e appeso ad un palo ma una notte il fratello lo libera e scappano… Il finale sarà il massacro, una lotta all’ultimo sangue che coinvolgerà anche la vedova dell’assassinato, una donna fiera che mal sopporta il cognato che ha deciso di vivere con lei.