La rivista «Poesia» festeggia trent’anni, la collana dello Specchio Mondadori si rinnova, il nuovo libro di Franco Arminio Cedi la strada agli alberi. Poesie d’amore e di terra (Chiarelettere, 2017) diventa un caso editoriale, soprattutto grazie al passaparola, confermato e rafforzato dal Premio Viareggio. La poesia italiana sembrerebbe vivere una nuova giovinezza, no?
Eppure la «problematizzazione teoretica manca, così come manca un orizzonte ideologico di fondo», lamentava a gennaio scorso Maurizio Cucchi su «L’Espresso». Ciascuno abita la sua nicchia ecologica, come è tipico dell’epoca contemporanea individualista e atomizzata in cui viviamo, ma la novità è che i grandi predatori non riescono più a dominare le altre specie, ormai capaci di riprodursi e prosperare liberamente grazie a internet, ai poetry slam e ai tour, come quelli di Guido Catalano.
Con la dodicesima edizione del poesia festival “La Punta della Lingua” cercheremo non solo di mostrare la vitalità e la varietà della scena poetica contemporanea ma anche di ragionarci su. Proveremo a essere almeno per una settimana quel «centro culturale capace di riunire e mettere in dialogo gruppi e istanze di realtà territoriali e culturali diverse» invocato sempre su «L’Espresso» da Gianmario Villalta.
Ai balli e ai canti tipici della festa cercheremo di unire le riflessioni e i dialoghi tipici dei simposi.
1. Poeti da strapazzo e da antologia
Inizieremo domenica prossima 2 luglio, sperimentando, per il nono anno consecutivo, la poesia in rete con la sfida della Facebook Poetry. La Facebook Poetry è la prima e unica sfida italiana nata e cresciuta in rete. Si tratta di un gioco online in cui, dati un primo e un ultimo versi estratti a sorte dal conduttore, i partecipanti devono comporre una poesia di massimo dieci versi in quaranta minuti. Gli iscritti al gruppo votano la propria poesia preferita e decretano il vincitore. Nella centuria che ogni anno partecipa si trovano perfetti sconosciuti ma anche nomi noti della poesia italiana contemporanea, come Italo Testa, Massimo Gezzi, Gilda Policastro e Renata Morresi. Per i primi sette anni il gioco è stato condotto in casa dal direttore artistico Luigi Socci.
Nel 2016 abbiamo chiesto di condurlo a Bernardo Pacini da Firenze. Quest’anno la sfida online sarà coordinata dal collettivo Zoopalco di Bologna. Per tutti i curiosi e i poeti giocherelloni l’appuntamento è domenica alle ore 16.
Da quest’anno cercheremo di capire anche come funziona Instagram con #scriveregliattimi, un concorso che ha l’obiettivo di spingere i fotografi under 25 anni a leggersi i versi degli autori ospiti del festival per trovare proprie immagini che si accordino con le loro poesie.
Dai poeti da strapazzo ai poeti da antologia: La Punta della Lingua sarà inaugurata dal vivo da due dei massimi poeti italiani viventi, Antonella Anedda e Giampiero Neri e da un ritrovato Tiziano Scarpa nelle vesti di versificatore, a cui si aggiungeranno Franca Grisoni e altri nei giorni seguenti, senza dimenticare le voci emergenti del panorama internazionale come l’inglese Jan Noble e il macedone Jovica Ivanovski.
La Punta della Lingua è soprattutto poesia in movimento che segue i movimenti della poesia. Perciò non staremo sempre in riva al mare, a Portonovo e Ancona, ma andremo anche in trasferta a Casa Leopardi e faremo escursioni nei boschi del Conero.
2. La poesia quotidiana colta e popolare
A un certo punto, però, smetteremo di agitarci e ci siederemo attorno a un tavolo a discutere di “poesia quotidiana” con alcuni critici dei maggiori quotidiani italiani: Roberto Galaverni (Corriere della Sera), Paolo Febbraro (Il Sole 24Ore) e Massimo Natale (il manifesto) dialogheranno assieme a me con Walter Siti, che ha curato una rubrica di poesia per la Repubblica da cui ha tratto il libro La voce verticale. 52 liriche per un anno (Rizzoli, 2015).
La prima evidenza da cui partiremo è che la poesia nei quotidiani italiani non ha molto spazio, per usare una litote. A quel punto dovremo chiederci perché e ciascuno darà la sua risposta. Io provo ad anticipare la mia. Forse la poesia a cui i quotidiani danno spazio è solo uno dei tanti generi della poesia contemporanea, quello della poesia colta. È come se i quotidiani, per quanto riguarda tutta la produzione musicale esistente, parlassero solo di musica colta. Anche la musica improvvisamente non avrebbe molto spazio nei quotidiani.
La nicchia ecologica della poesia colta è controllata da chi è a capo dei grandi festival, chi ha rubriche sui media nazionali, chi controlla i premi e le collane più importanti, come è sempre accaduto. Qualcosa si muove però fuori da quella nicchia. Il fenomeno nuovo che si osserva nella poesia italiana contemporanea riguarda, in effetti, la poesia popolare: inglobata nel secondo Novecento la poesia dialettale all’interno del canone della poesia colta, i nuovi poeti popolari, o meglio pop, parlano direttamente al pubblico del web e alle platee dei poetry slam, abolendo l’intermediazione assicurata e garantita fino al secolo scorso solo dalle riviste, dalle collane, dai premi e dai festival.
I poeti italiani colti più influenti non hanno un profilo Facebook perché non ne hanno bisogno: si cercheranno invano nel motore di ricerca programmato da Zuckerberg Gianmario Villalta, Milo De Angelis, Maurizio Cucchi, Patrizia Valduga, Patrizia Cavalli, Vivian Lamarque. La loro influenza sui poeti italiani contemporanei è maturata e si è consolidata attraverso i canali e gli intermediari del secolo scorso.
Mentre sono molto attivi su Facebook e nelle altre reti sociali i poeti nati dagli anni Sessanta in poi e quelli che amano la sperimentazione, come il coetaneo di Villalta Lello Voce, che negli anni Novanta animò l’ultima avanguardia che abbia conosciuto la poesia italiana (il Gruppo 93) e nel 2001 importò in Italia il poetry slam. Ed è proprio dal mondo del poetry slam che arriva Guido Catalano, poeta-performer che grazie alle centomila persone che lo seguono su Facebook e nelle altre reti sociali ha saputo radunare attorno a sé un vasto pubblico, accresciuto anche grazie alle sue letture nella trasmissione Caterpillar di Radio 2. La poesia di Catalano potrebbe essere definita poesia pop, come musica pop è definibile quella di Elio e le storie tese. All’interno dell’universo pop c’è raffinatezza e spazzatura, ma non si può ignorare che la poesia pop può raggiungere un pubblico vasto quanto la musica. E la poesia pop, come la poesia colta sperimentale, ama contaminarsi con internet.
A livello planetario negli ultimi anni tiene banco, per esempio, il fenomeno degli instapoets, poeti nati e cresciuti nelle reti sociali (soprattutto Instagram e Tumblr): dopo aver raccolto per anni migliaia di seguaci (follower), pubblicando quotidianamente fotografie di loro poesie, vendono migliaia di copie dei loro libri di poesie. È letteratura di consumo, ma appartiene pur sempre al sistema della poesia contemporanea e non può essere ignorata, soprattutto perché usa i mezzi di comunicazione dominanti fra le nuove generazioni.
3. I generi della poesia popolare
Prima dell’avvento di internet, i poeti popolari non avevano altro mezzo per farsi conoscere al pubblico nazionale che imbracciare una chitarra e mettersi a cantare, sebbene stentassero persino ad andare a tempo, come confessava Leonard Cohen nel film documentario I’m your man. Poeta Cohen lo era in senso canonico: in gioventù faceva parte del gruppo dei poeti di Montreal e pubblicò libri di poesie prima di passare alla musica e accompagnare i suoi versi con le note. Diventando un cantautore ha forse smesso di essere un poeta? No. È diventato un poeta in musica, si è dato alla poesia musicata.
Non esiste un solo genere di poesia e oggi come un tempo esistono la poesia colta e la poesia popolare, esiste il menestrello che canta nelle piazze e Tony Harrison che scrive per il teatro come usava Ludovico Ariosto.
I poeti colti italiani e i lettori di poesia colta devono accettare l’esistenza della poesia popolare, riconoscerne i generi, dalla poesia musicata alla poesia per bambini. In effetti, alcuni poeti colti italiani hanno sperimentato in prima persona i generi pop.
Il poeta colto, che si dedica solo alla poesia scritta, non può più negare che esiste una poesia pop, come il musicista colto non nega che esiste la musica pop. Nessuno si sogna di dire che la musica non vende, così come nessuno si sognerebbe di dire che la poesia non vende, se solo venissero considerati fra i generi della poesia anche i generi popolari.
Allargare lo sguardo oltre i confini della poesia colta permetterebbe allo stesso poeta colto di diventare in materia di poesia un’autorità riconosciuta a livello di massa, come avviene per i direttori d’orchestra, a cui i mass media dedicano periodicamente grande spazio.
Nessuno mette in discussione il ruolo del direttore d’orchestra nella società contemporanea, perché lo si riconosce quale vertice dell’immensa piramide musicale. Mentre il poeta colto in Italia, facendo coincidere la vastità dell’universo poetico con la sua nicchia, induce tutti a credere che la poesia sia altro da ciò che il popolo ascolta ogni giorno, impara a memoria e canta. Scioccamente il poeta colto pensa di preservare la sua nicchia, di ritagliarsi il suo posto al sole, mentre si isola, deperisce e scompare nel suo isolamento. Così pochi lo conoscono mentre tutti sanno chi è Riccardo Muti.
Se Valerio Magrelli, invece di rivaleggiare con i cantautori, cogliesse l’occasione delle sue comparsate televisive per parlare anche dello stato di salute della canzone italiana, mettendo al servizio dell’intelligenza linguistica nazionale la sua competenza di poeta, tutti ne beneficeremmo, lui per primo. Forse i nuovi cantautori gli commissionerebbero dei testi. Forse i fan dei cantautori leggerebbero le sue poesie.
Poetare e cantare sono sinonimi. Le poesie del più grande poeta italiano moderno, Giacomo Leopardi, s’intitolano Canti sebbene siano memoria di canto più che canto cantato. Il ritmo che governa la poesia risponde alle stesse leggi del ritmo musicale. Con buona pace di chi sostiene, come Cucchi, «ho sempre avuto simpatia per i cantanti, ma ognuno ha la propria arte». L’arte della parola poetica è la stessa, stampata su una pagina bianca o pentagrammata.
I poeti colti, i giornalisti che parlano di poesia e, soprattutto, i docenti che insegnano poesia nelle scuole di ogni ordine e grado inducono il popolo a credere che la poesia sia solo quel linguaggio colto, così difficile da decifrare, di cui hanno dato prova i grandi poeti. Devono smetterla di dire il falso. Non esiste un solo genere poetico, così come non esiste solo la musica dodecafonica o la pittura astratta.
Così come sono esistite la poesia lirica, epica e drammatica, continuano ad esistere vari generi di poesia, a partire dalla più popolare in assoluto, la poesia musicata, a sua volta colta e pop, lirica ed epica, comica e drammatica, fino alle forme più sperimentali della videopoesia e della poesia elettronica.
Se i critici letterari italiani si dedicassero a recensire anche i libri di poesie per bambini, i testi delle canzoni, le poesie su Facebook e le instapoesie su Instagram, tornerebbero a svolgere il loro compito, la loro funzione pubblica e quindi a essere letti dal pubblico, che legge, ascolta e guarda quei generi poetici, oltre che, in misura minore come l’ordine culturale dominante vuole, la poesia colta. Sono posizioni, queste, condivise da molti poeti, anche se non sempre confessate. Per dimostrare l’esattezza di questa tesi, con la redazione di Argo Poesia stiamo progettando un’antologia della poesia italiana contemporanea per generi. Sono curioso di sapere cosa ne pensano i nostri ospiti e ancor più sarei curioso di sapere cosa ne pensano i capiservizio cultura dei giornali per cui lavorano.
Conclusione
Se da oggi in poi la musica venisse identificata solo con la musica colta, scomparirebbero le rubriche di musica dai mass-media, come sono scomparse quasi completamente le rubriche di poesia.
Se i giornali inserissero nelle classifiche dei libri più venduti anche una classifica omnibus dei libri di poesia con i libri di poesia colta, poesie per bambini, le poesie di Catalano e degli altri performer che pubblicano con la casa editrice Miraggi, anche la poesia apparirebbe nelle classifiche settimanali e accanto ad autori pop, come accade nella narrativa, figurerebbe anche qualche autore colto, beneficiando del traino di chi è più popolare di lui per arrivare a un pubblico più vasto, invece di continuare a deperire nella sua asfittica nicchia.
Il poeta colto continuerà nella sua ricerca ma essa non sarà più isolata e soprattutto non pretenderà più, falsamente, di esaurire in sé tutto il panorama poetico italiano. Allo stesso modo, però, le distinzioni, almeno per quanto riguarda la maggioranza degli autori, dovranno essere chiare. Il critico di poesia che recensirà il libro di poesie per bambini o le canzoni di Jovanotti, se mai venissero raccolte in volume, dovrà tenere conto della forma propria all’opera che sta recensendo, non valutare Jovanotti con lo stesso metro con cui valuta Valerio Magrelli. Chi mai si sognerebbe di valutare con gli stessi parametri I Cani e Francesco Antonioni?
Così come esistono siti specializzati in musica rock, elettronica, ecc., potrebbero nascere siti specializzati nei vari generi poetici. Riconoscendo piena cittadinanza all’intera produzione poetica si opererebbe quella critica della poesia nazional-popolare indispensabile per la crescita della cultura nazionale, si favorirebbero quelle contaminazioni fra produzione colta e pop che alimentano gli altri generi artistici, dalla musica al cinema, ma soprattutto si chiarirebbe al popolo italiano che la poesia non è un’arte di nicchia, bensì permea di sé tutte le arti e come tutte le altre arti ha le sue forme colte e popolari.
A quel punto il popolo italiano, ascoltando le parole di una canzone, potrà gustarne appieno e criticarne la sonorità e il significato con gli stessi strumenti, linguistici metrici e retorici, con cui i docenti a scuola gli hanno insegnato ad analizzare le poesie di Dante, Leopardi, Caproni, Lamarque, Valduga e Cavalli. Lo spirito critico aumenterà a livello di massa e ne beneficeranno pubblico, autori, singole opere, letteratura e lingua italiane.